In passato trascorrevo spesso l’estate da nonna Maria, in una casa con un grande terrazzo pieno di piante che lei curava con amore.
Ricordo le Aspidistre, i Lilium, le Hydrangee, i Pelargonium, le Rose, le aromatiche annuali che seminava tutti gli anni, i peperoncini piccanti.
In primavera legava un sacchetto pieno di terra ad un Ficus robusta e le radici che spuntavano dal ramo dopo un paio di settimane erano, ogni volta, motivo di grande stupore.
Passavo il tempo ad innaffiare, osservare e fare esperimenti con le piante, mi incuriosiva scoprire i germogli dell’aglio più lunghi di qualche millimetro rispetto al giorno prima o i fiori delle Dahlie dai mille colori appena sbocciati.
Non ho mai smesso di amare le piante che ho continuato a studiare con passione e dedizione, partecipando a diversi corsi e seminari per perfezionare ed approfondire le mie conoscenze, abitudine che continuo a praticare consapevole di quanto sia importante tenersi aggiornati in questo settore.
Devo moltissimo alle tante amiche e amici botanici, floristi, erboristi, raccoglitori e foraging chef che mi hanno accompagnato, e proseguono ad accompagnarmi, nelle numerose escursioni e passeggiate fatte in questi ultimi anni, dai quali ho appreso la maggior parte delle informazioni e dei segreti sulle tecniche di riconoscimento, sull’etnobotanica, sulla fitoalimurgia e sulla cucina con le erbe selvatiche che oggi fanno parte del mio bagaglio di esperienze e conoscenze.
La sperimentazione fatta sul campo è indispensabile e fondamentale per imparare ad osservare, toccare, annusare, assaggiare e per restare sempre allenati e preparati, tutte competenze che nessun libro potrà mai darvi.
Oggi questa passione, che mi accompagna da sempre, è diventata una professione: quella di foraging teacher.
Il termine, preso in prestito dai paesi anglosassoni, dove questa figura esiste ed è riconosciuta già da molti anni, individua una persona che vi condurrà alla scoperta delle piante selvatiche, insegnandovi ad identificarle correttamente, descrivendo i loro usi tradizionali e raccontando gli aneddoti ad esse legati, prestando particolare attenzione alle piante alimurgiche ed alle relative modalità di raccolta e trasformazione in cucina.
Perchè:
“Solo quando assieme alle piante avremo conservato anche i saperi, la memoria, le parole, l’affetto ad esse legato, e saremo capaci di comunicarlo alle generazioni future, solo allora potremo dire di aver salvato davvero tutta la biodiversità” -Nadia Breda-
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